Vale International Ltd, nota agenzia di consulenza nel marketing e nella comunicazione, condivide sul suo sito, alcuni interessanti risultati prodotti da una ricerca, non proprio attualissima (risale al 2010) ma forse unica nel suo genere.
L'indagine analizza il business di 320 agenzie pubblicitarie indipendenti con sede in tutto il mondo, tra il 2008 e il 2009.
Le agenzie che chiedono la corresponsione di un fee per intervenire ad una gara sono il 30% del totale e vantano una percentuale di successi del 57%. Tra quelle che partecipano senza chiedere nulla invece i successi si attestano poco sotto il 10%.
Non male, no?
Nel 2009 le agenzie partecipano a più gare rispetto all'anno precedente. E' verosimile, infatti, che in periodi di crisi, le agenzie mostrino più vitalità nel partecipare alle gare e che dall'altro lato le aziende committenti cerchino di stimolare una maggiore concorrenza per ottenere un appropriato ridimensionamento dei costi. I budget del 2009 sono infatti diminuiti del 29% e la maggior parte delle agenzie ha notato un aumento di richieste per singoli progetti piuttosto che per campagne a più ampio respiro.
Un gran numero di progetti vinti non sono mai stati realizzati e dallo studio risulterebbe che molte volte si indicono gare più per scovare agenzie competitive che per trovare nuove idee creative.
Partecipare a numerose gare, inoltre, deteriora la qualità dell'offerta creativa e questo lo sappiamo bene.
Il fatto che il 70% delle agenzie partecipi gratuitamente alle gare è quantomeno biasimevole a detta di Borgwardt, partner di Vale International, in quanto contribuisce a deteriorare la percezione del valore creativo agli occhi dei clienti.
E' interessante notare che, nel 2009, il 77% delle decisioni in merito ai vincitori della gara è stata presa dai responsabili degli uffici acquisti. Ma come è possibile valutare una gara, si chiede Borgwardt, se solo il 26% di questi ha contribuito a definire i requisiti della gara stessa? Questo, conclude Borgwardt, è il principale problema di un processo che spesso tende ad equiparare idee e creatività ad un chilo di chiodi o ad un sacchetto di fagioli.
Il consiglio di Borwardt? Preoccupatevi di influenzare chi ha prerogative sui responsabili acquisti e siate bravi a far capire a quest'ultimi il valore di ciò che fate e soprattutto come questo può rappresentare a sua volta un valore per la loro azienda.
Come non riflettere su certi risultati, tuttavia occhio a tirare conclusioni affrettate. Certi fatti hanno senso se contestualizzati. E' giusto che le agenzie chiedano un fee per partecipare alle gare? Anche se la tentazione di rispondere si è tanta, non so quanto potrebbe funzionare in Italia, oggi. La scelta di farsi pagare o meno deve appartenere ad una superiore strategia aziendale, dipende dalla geografia del mercato che si caratterizza per culture di business differenti (l'indagine di Vale copre tutti e cinque i continenti), dipende dalle dimensioni dell'agenzia e dalla forza della proposta di valore, da una serie di fattori insomma che giustificano alla fine l'alta percentuale di aggiudicazione delle gare.
Una cosa è sicura. Le idee sono in grado di cambiare il mondo, figuriamoci il conto economico di un'azienda. Il valore delle idee dovrebbe essere adeguatamente riconosciuto e opportunamente remunerato, ma le idee non splendono sempre di luce propria e vanno sapute vendere tenendo conto che spesso chi decide è una persona, l'ufficio acquisti, che ha esigenze ed obiettivi diversi da quelle di una divisione marketing.
E voi, che ne pensate?
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